Sul Passante autostradale di Bologna

Pubblicato da Gabriele il

Le ragioni che ci portano ad opporci al passante autostradale derivano dalla constatazione che questo non risulta risolutivo dei problemi di mobilità  del nodo di Bologna, ma che invece sicuramente a fronte di un ingente volume di risorse finanziarie ed ambientali, esso ottiene miglioramenti quantitativamente modesti e di breve periodo soprattutto se la crescita della domanda di mobilità  proseguirà  ai ritmi del decennio passato.

Occorre dunque sviluppare una ben più radicale revisione del problema dell’accessibilità  a Bologna e al suo territorio, fondata su un innovativo potenziamento e messa a sistema dei trasporti pubblici su ferro e su gomma urbani ed extraurbani. Le possibili soluzioni alternative hanno il vantaggio di risolvere nel breve periodo il problema con risorse limitate, dando alle amministrazioni coinvolte il tempo necessario per la implementazione del nuovo sistema integrato dei trasporti pubblici senza introdurre, come fa invece il Passante nord, nuovi impedimenti per il suo sviluppo.

Circa gli aspetti di integrazione del SFM nel sistema dell’accessibilità  (mezzi pubblici e mezzi privati), è possibile che la configurazione attuale delle linee di trasporto pubblico intercetti quote di domanda complessivamente modeste, ma il problema è proprio di arricchire, mettere a sistema, rendere “coprente”anche con elementi nuovi la rete dei trasporti pubblici, dei parcheggi, con le nuove tecnologie, con tariffazioni integrate, con l’integrazione con le reti della mobilità  lenta dei pedoni e delle biciclette. Di questo progetto ad oggi ci sono spezzoni, elementi, episodi che vanno riportati a sistema per Bologna e per il suo territorio, e che vanno implementati con convinzione da parte di tutti. L’offerta di una nuova rilevante capacità  stradale di accesso alla città  contrasta questa prospettiva confermando e ulteriormente aggravando le tendenze alla monomodalità  automobilistica che hanno portato alla grave situazione attuale.

Arriva la Concessionaria: un vecchio escamotage

Una così evidente schizofrenia tra aspirazioni dichiarate ed effetti, prevedibilmente di segno del tutto opposto, richiede un qualche tentativo di spiegazione.

La scelta di ricorrere alle ben note capacità  di convogliamento di risorse pubbliche delle società  concessionarie di autostrade per risolvere problemi di natura squisitamente locale è stata nei decenni passati una costante che ha accomunato i governi di tutti i colori politici.

Quando un comune (o una provincia a una regione) non riesce a risolvere il problema della sua tangenziale perché l’Anas non ha soldi e gli enti locali ne hanno ancor meno si chiede alla concessionaria di intervenire. Quando non è la concessionaria stessa che si propone. Che importa se la strada di scorrimento assume la forma di un’autostrada, strutturalmente indatta alle funzioni che dovrebbe svolgere? Se il pedaggio scoraggia il traffico locale al quale la nuova strada dovrebbe essere dedicata? Se la scarsità  delle interconnessioni con la viabilità  ordinaria obbliga a lunghi percorsi e, in definitiva, incoraggia a restare sulla viabilità  ordinaria che si vorrebbe alleggerire? Le città  italiane grandi e piccole sono ricchissime di esempi di questo tipo.

Le concessionarie in passato sono intervenute volentieri, spesso anzi prendendo l’iniziativa, sul presupposto che ne sarebbero derivati (come ne sono derivati) sostanziosi allungamento delle concessioni sulle loro reti già  realizzate. Con margini di quadagno sicuramente ampi. Tanto più che la garanzia dello Stato sui mutui contratti per realizzare gli investimenti metteva le concessionarie al riparo da ogni rischio imprenditoriale presente, passato e futuro.

Oggi la situazione è molto meno chiara. La Comunità  europea impone l’obbligo di gara internazionale, così che l’allungamento automatico delle concessioni non dovrebbe più essere possibile. E’ ben vero che la Legge Obiettivo ha indebolito tutte le regole introdotte con la Merloni a proposito delle concessioni: la durata può andare oltre il trentennio, il contributo dello Stato può superare il 50% dell’investimento, lo stato può dare finanziamenti “travestiti” da pedaggio, come quelli inventati per far tornare i conti del Ponte di Messina. Ed è anche vero che ogni giorno assistiamo a tentativi per aggirare le norme europee affidando in appalto nuovi interventi alle medesime concessionarie senza alcuna gara.

Ma ciononostante le cose sono oggi un po’ più difficili. La “invenzione” del passante sembra una riedizione degli infelici escamotage di allora, segnale di impotenza e subordinazione delle amministrazioni agli interessi “forti”, piuttosto che una proposta dotata di credibilità  territoriale, economica e finanziaria.

Per quanto riguarda in particolare l’analisi economico-finanziaria (contenuta nello Studio di fattibilità  del Passante autostradale del 14 aprile 2003).

Si evidenzia che per la realizzazione dell’opera sono considerati, nelle stime, anche i contributi statali a fondo perduto che abbatteranno il costo effettivo dell’opera. (“¦) Nel 2005 è stata prevista l’erogazione di un contributo statale a fondo perduto per la realizzazione dell’opera pari a circa 700 miliardi di lire (361,5 milioni di euro).

(“¦) Gli investimenti per la realizzazione del “Passante nord” sono stati stimati in quasi 790 milioni di euro, dati dalla somma relativa:

– al corpo autostradale (quasi 596 milioni di euro, di cui mitigazioni per 76mila euro, compensazioni per quasi 21mila euro circa ed espropri per 33mila euro);

– al riassetto della viabilità  ordinaria e complanare (quasi 63 milioni di euro);

– a maggiori costi e riserve (circa 131 milioni di euro).

(“¦) La conclusione circa l’analisi finanziaria dell’investimento nello scenario base è quindi che questo distrugge valore economico rispetto ad una situazione attuale in cui il soggetto che realizzerà  il Passante nord già  ottiene un consistente flusso di cassa dalla gestione dell’attuale tratto urbano dell’autostrada che attraversa la città  di Bologna. Per rendere economicamente sostenibile l’investimento è necessario ridurre l’importo delle opere (anche attraverso l’erogazione di un maggior contributo pubblico) o ritoccare pesantemente verso l’alto i pedaggi per l’attraversamento del nuovo tratto autostradale (con il rischio però di non vedere rispettate le ipotesi di traffico effettuate).

(“¦) Relativamente allo scenario base dell’investimento in oggetto c’è da notare come la dinamica di realizzazione delle opere ed il conseguente avvio a regime previsto per l’anno 2011, fanno sì che fino a quella data si accumuli una posizione finanziaria netta negativa per circa 533 milioni di euro, che viene progressivamente riassorbita grazie agli introiti derivanti dai pedaggi. Si prevede che la situazione finanziaria torni in equilibrio entro il 2018, cioè dopo 8 anni dall’entrata in esercizio, e da quella epoca in avanti produca un accumulo di risorse che, se non altrimenti impiegate, sarà  pari a circa 1,3 miliardi di euro al termine del periodo di pianificazione esplicita (2030). “

Altro che “stiamo parlando di risorse private, di spettanza di Società  Autostrade” come sostiene il vicepresidente della Provincia, Giacomo Venturi.

A proposito di mobilità : la ripartizione dei flussi

Ma soprattutto un’opera sbagliata perchè i dati sulla ripartizione degli spostamenti per la lunghezza del percorso vede, nel 2008 (rapporto dell’Istituto Superiore Formazione e Ricerca per i Trasporti) la quota dei viaggi di prossimità  (entro i 2 km) al 31,4%, seguita da quella di media distanza (tra 11 e 50km) al 23,7%, di corto raggio (tra 3 e 5km) 21,7%, locali (tra 6 e 10km) 20,2% e lunga distanza (oltre i 50 km) al 3,2%. In sostanza il 73,3% degli spostamenti riguarda una distanza inferiore ai 10 km. Ma allora il passante con quello che costa a chi servirà ? Soltanto al 24 % dei veicoli in transito sulle nostre strade (¼ del totale), mentre gli altri ¾ continueranno ad imbottigliare ed inquinare i nostri territori.

Questi numeri inducono due riflessioni immediate: il 73,3% dei cittadini che si spostano non fa più di 10 km ma la spesa per gli investimenti per soddisfare questa domanda di mobilità  urbana non supera il 6% degli investimenti della legge obiettivo, perché vengono privilegiate nuove autostrade che incrementano il traffico motorizzato e nuove tratte ad alta velocità  ferroviaria che collegano comuni capoluogo di regione. Scelte ponderate alla domanda effettiva degli spostamenti dovrebbe invece privilegiare investimenti sui nodi per ferrovie urbane, metropolitane e tramvie, il cui funzionamento interessa più dei due terzi delle persone che si muovono.

La seconda riguarda la crescita della domanda di mobilità  tra 10 e 50 km che è evidentemente correlata alla crescita insediativa nei comuni della prima, seconda ed anche terza cintura metropolitana, con il relativo spopolamento delle grandi città , nonché nuovi poli commerciali e di servizi localizzati fuori dalle città . E’ l’effetto dello sprawl urbano a bassa densità  che sta consumando territorio prezioso, informe e senza un disegno, che non essendo servito da reti di trasporto collettivo induce una domanda crescente e basata sull’uso dell’auto.

È evidente che continuare a perseverare nel ritenere questo intervento come prioritario e strategico per Bologna tutte le amministrazioni si dovranno vincolare negli investimenti dei prossimi anni. E quindi non si potrà  investire per realizzare il Servizio Ferroviario Metropolitano.

In una logica di mobilità  “capace di futuro” – efficiente e sostenibile – nell’Area Metropolitana Bolognese, serve ben altro che il Passante autostradale a nord di Bologna. Serve prima di tutto una rapida e intensa “cura del ferro”. La proposta di Passante autostradale è figlia di una cultura vecchia delle autostrade e dei trasporti. Un nuovo tracciato di oltre 40 km da sommare all’attuale sistema autostradale significa fare ancora di più di Bologna il cuore del traffico automobilistico e dell’inquinamento del Nord Italia.

È miope e oramai superata in tutta Europa un’idea per la “grande Bologna” e per la sua “competitività “ che venga da una nuova grande opera infrastrutturale stradale (l’ultima assicura il Vicepresidente Venturi), dal decentramento nei Comuni limitrofi di servizi (quali? e collegati su gomma?), liberando l’attuale autostrada/tangenziale per il traffico urbano.

La proposta della Regione Emilia Romagna e della Provincia di Bologna è una risposta sbagliata a evidenti problemi che riguardano il tracciato autostradale esistente e le prospettive della mobilità  nell’area metropolitana. Sbagliata perché rafforza un futuro insostenibile. La vera e propria città  dell’auto, la “Los Angeles” già  esistente lungo la Via Emilia, dovrebbe diventare secondo i progetti sostenuti da troppe istituzioni una specie di “megalopoli” estesa a macchia d’olio verso la pianura bolognese.

PS a proposito, gli elementi di contenuto di questo documento li abbiamo presi dal parere reso in data 8 novembre 2004 al Comitato Tecnico Scientifico per l’approfondimento delle soluzioni indicate nello studio di fattibilità  per la riorganizzazione del sistema autostradale tangenziale del nodo di Bologna dalla Prof.ssa Maria Rosa Vittadini, Professore Associato di “Tecnica e Pianificazione urbana” presso la Facoltà  di Architettura, Dipartimento di Pianificazione del territorio, IUAV Università  degli Studi di Venezia, già  Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente, unica esperto/membro esterno del Comitato insieme al Prof. Giuseppe Campos Venuti, consulente da anni di Comune e Provincia di Bologna (e quindi di fatto non tanto esterno).

il progetto di allargamento a tre corsie per senso di marcia proposto dalla Società  Autostrade e valutato positivamente, dal punto di vista della compatibilità  ambientale, dalla Commissione Nazionale di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), con il concerto della Regione Emilia Romagna nonché della Provincia e del Comune di Bologna; 2) il progetto definito “banalizzazione con pedaggio”, che sembra offrire lungo la tangenziale situazioni non dissimili da quelle conseguenti alla realizzazione del Passante nord, ma che comporta interventi di adeguamento della maglia viabilistica extraurbana che devono essere definiti e progettati.


2 commenti

claudio · 6 Ottobre 2010 alle 1:54 pm

quante parole sapete versare: peggio dei politici dlla prima repubblica. Riuscite ad arrampicarvi sugli specchi per far passare le vostre teorie che, con nomi, cifre e motivazioni, sono uguali in tutti i vostri siti sparsi nel nostro Paese. Teorie che vi riconducono al solito vostro intoccabile e martellante “credo”. Ma guardate il passante di Mestre, ovviamente da voi osteggiato, pur non essendo ancora completato l’ampilamento della autaostrada Venezia-Portogruaro ha risolto la viabilità  urbana del comprensorio di Mestre. Salutiiiiiiiii

Gabriele · 7 Ottobre 2010 alle 12:21 pm

Ciao sono Gabriele Bollini, l’autore del pezzo qui sopra. Perchè dici con livore queste cose? Io non ti conosco ma potremmo affrontare in discussione gli elementi portati nel pezzo e le tue osservazioni/critiche, se vuoi: così per provare a capirci. Che ne dici?
saluti a te

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