E’ iniziata a Bologna la grande partita della “valorizzazione” delle aree ex militari

Pubblicato da Gabriele il

Ridurre il consumo di suolo non significa solo tutelare le aree rurali, significa anche utilizzare meglio le aree già  urbanizzate per soddisfare in queste le nuove esigenze di usi urbani. È sul tappeto, in molti comuni e non solo a Bologna, una questione che può essere un rivelatore efficace della volontà  di consumare meno suolo: le dismissioni delle caserme, attribuite dall’amministrazione militare al demanio, e da questo in corso di trasferimento ai Comuni. Si tratta di oltre duecento caserme e complessi ex militari, che i comuni sono invitati a dare in concessione per 50 anni. Commentando l’avvenimento e dandogli il via, nel 2007, Romano Prodi disse che “nella città  si inseriscono scenari diversi, talmente grandi da farle cambiare aspetto”. Il Direttore dell’Agenzia del Demanio affermò che “si apre un percorso nazionale che vedrà  la collaborazione tra pubblico e privato, che sarà  chiamato ad investire per valorizzare aree cittadine che tornano così alla collettività “.

Che cosa possono fare i Comuni? Possono pensare di guadagnare qualche soldo svendendo ingenti beni comuni, trattando col miglior offerente e promettendo, in cambio di molti euro, destinazioni d’uso lucrose per i nuovi possessori; i fabbisogni sociali insoddisfatti diventeranno allora l’occasione per occupare nuove porzioni di terreno extraurbano. Oppure possono invece utilizzare le caserme per soddisfare le necessità  di attrezzature pubbliche e d’uso pubblico, di verde urbano, di edilizia sociale, evitando così di urbanizzare nuove aree rurali; cercheranno allora, prima della trattativa con gli immobiliaristi, il consenso dei cittadini su progetti urbanistici basati su un rigoroso calcolo dei fabbisogni insoddisfatti.

Nella realtà  accade che “¦.

Quella che segue è la discussione che c’è stata fra costruttori e Comune di Bologna (nella persona dell’ex assessore all’Urbanistica della giunta Cofferati, Virginio Merola, ora candidato sindaco PD alle primarie di coalizione) tre anni fa (da un articolo di Adriana Comaschi su l’Unità , ed. Bologna, del 17 maggio 2007).

«Almeno il 40% di spazi ai privati». «Nessuna spartizione. E comunque la quota di edificazione non può andare oltre il 33% delle aree». Prime schermaglie tra costruttori e Comune sul futuro dei 12 immobili militari appena passati al Demanio, che li darà  in concessione a palazzo d’Accursio o ai privati. E lo scontro si allarga subito all’altra grande operazione immobiliare in vista nel futuro di Bologna, quella all’ex Mercato Fioravanti: «Un’impresa che partecipasse al bando del Comune andrebbe in perdita» attacca il direttore del Collegio costruttori Carmine Preziosi. In concreto: «A fronte di un investimento di 55-60 milioni si rischia una perdita di 5 milioni, non recuperabili nè attraverso la vendita né attraverso la locazione», spiega Preziosi. Insomma «le imprese stanno valutando se presentarsi solo per senso del dovere». O se non presentarsi del tutto. Sulle aree militari poi l’impegno non sarebbe da meno: lo stesso Comune stima che per recuperare la sola Staveco occorreranno oltre 40 milioni.

Il doppio affondo dei costruttori segue un unico filo conduttore e prende spunto dalle aree fino a due settimane fa di proprietà  del Ministero della Difesa a Bologna: ben 600 mila metri quadri, ricchi di verde, anche in zone di assoluto pregio ai bordi della collina. Tra queste gioielli come la Staveco e la caserma S.Mamolo, ex convento francescano, e poi l’enorme appezzamento dei Prati di Caprara che la giunta ha già  detto di voler trasformare nel secondo grande polo del verde cittadino dopo i giardini Margherita. Quanto alla Staveco, l’assessore all’Urbanistica Virginio Merola ha subito messo in chiaro: lì «niente villette» ma scuole o impianti sportivi come chiesto dal quartiere S.Stefano. E in generale, la destinazione a uso pubblico sarà  prevalente.

«Il problema è quello dell’equilibrio tra costi e ricavi, sulle aree ex militari vedo solo proposte con un forte consenso sociale ma sbilanciate sui costi», ragiona Preziosi riferendosi sia all’impostazione data dal Comune, sia alle richieste arrivate da diversi enti.

Il ragionamento è chiaro: impossibile attuare interventi così consistenti senza fondi privati. Ma è altrettanto impossibile che un privato possa farsi avanti senza un guadagno, «la differenza tra costi e ricavi deve essere almeno del 30%», spiega Preziosi. Ecco allora che il Collegio invita l’assessore a essere «molto realista» e a riconoscere come «imprescindibile» la destinazione residenziale. Con tanto di indicazione su come suddividere la riqualificazione delle 12 aree: con un 60% di uso pubblico e un 40% a gestione privata.

Bologna non è in saldo! Ha scritto ASIA-USB nei suoi presidi ieri (16 novembre) di fronte alle ex aree militari.

L’amministrazione per fare cassa vuole svendere 10 ex caserme. Gli speculatori le acquisteranno pagando 1 e ricavando 1000 trasformandole in alberghi e case di lusso. Questo è l’ennesimo furto alla collettività  presentato come unica alternativa ad un bilancio comunale che distrugge il welfare cittadino. Bologna ha bisogno di case popolari, centri anziani e giovanili, spazi per le associazioni e verde. Queste aree sono patrimonio pubblico e tali devono rimanere!”

Ora parte la corsa alla grande asta delle aree ex miltari, un affare da 65 milioni di euro. I pezzi forti sono rappresentati dalla “caserma Sani” (zona Stalingrado) che prevede un prezzo base d’asta di 41,9 milioni avendo una disponibilità  edificatoria di 54 mila metri quadrati, dalla “caserma Masini” (tra le vie Orfeo, Borgolocchi e Santo Stefano) con prezzo base di 13,42 milioni e dall'”ex teatro della caserma Minghetti” tra le vie Castelfidardo e Capramozza con un valore di 3,8 milioni. Questi tre primi immobili, i più rilevanti dal punto di vista del pregio, saranno messi all’asta il 15 dicembre prossimo.

Ci sono occasioni che nella vita di una città  capitano una volta sola e l’amministrazione deve dimostrare di saperle gestire con coraggio visione del futuro. Per fare l’interesse della comunità  -secondo tutte le realtà  di movimento- il procedimento da intraprendere per queste aree deve attraversare 2 passaggi fondamentali quali il programma partecipato e il concorso di progettazione. Ora ci troviamo in una fase in cui l’amministrazione comunale ed il Ministero pare abbiano il solo fine di fare cassa; sono stati definiti gli usi e le superfici, dopodichè in vendita al miglior offerente, che sia libero di realizzare quanto e come gli è più conveniente, basta che paghi.

Il Gruppo Beni Demaniali (GBD) -costituito da Legambiente Bologna, WWF Bologna, Associazioni Musa, IperPut e Via Emilia a Colori- propone un approccio chiaro, trasparente e garantista per la collettività : bisogna chiedere alla cittadinanza, utilizzando lo strumento dei laboratori urbanistici partecipati, le necessità  ed i desideri e le ambizioni che nutrono nei confronti del proprio quartiere ed in particolare per queste aree. Consultazioni di quartiere, quindi, facendo partecipare tutti, sulle scelte di destinazione del 100% della superficie e del volume edificabile. Dopodichè dovrebbe essere indetto un concorso di progettazione per il piano urbanistico attuativo che preveda come programma quanto emerso e richiesto dal laboratorio partecipato. Il miglior progetto (giuria indipendente) sarebbe poi completato e solo allora l’area sarebbe venduta a piano approvato.

Ma non ad accordi già  avvenuti con i costruttori. Questa non restituzione alla città  di un bene comune come le aree ex militari, questa è privatizzazione pura e semplice, dando un contentino che va dal 5 al 15% ai cittadini!

E infine, ci chiediamo: può un Commissario, che dovrebbe fare atti di ordinaria amministrazione, procedere di fatto alla privatizzazione (atto straordinario?) di 83 ettari di territorio comunale, ovvero la piu grossa speculazione immobiliare mai avvenutas nella storia della città ?


1 commento

Maria Vittoria Cavina · 22 Febbraio 2011 alle 11:11 am

Nel caso specifico dell’area sita tra Porta Castiglione & Porta Saragozza credo sia necessaria una destinazione urbanistica a Centro Equestre.

E’ infatti una componente essenziale per comprendere tutto il patrimonio storico, artistico e legislativo contenuto all’interno del centro storico di Bologna, Alma Mater Studiorum per la tradizione europea & il suo territorio comunale.

Le ippovie regionali sono tuttora carenti di un coordinamento e di un raccordo che ne evidenzi la valenza culturale & che ne consenta l’accesso anche a pedoni e ciclisti residenti a Bologna!

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