Posto questa lettera di Attilio Tornavacca, Direttore dell’Ente di Studio per la Pianificazione Ecosostenibile dei Rifiuti, una “autorità ” in materia di rifiuti, per chi non lo conoscesse, nella quale commenta uno studio del Politecnico di Milano su nanopolveri commissionato da Federambiente, e la notizia come la riporta La Nuova Ecologia sul suo sito.
GB
Cari amici,
sul sito www.lanuovaecologia.it il 2° articolo della home page riporta il titolo “Dai termovalorizzatori meno polveri di un camino», basandosi su uno studio di alcuni accademici del politecnico di Milano molto attivi anche nel campo della consulenza nel settore dell’incenerimento.
Poichè chi ha scritto l’articolo non commenta il fatto, a chi frequenta il sito può quindi sembrare che la redazione di Nuova Ecologia quale organo ufficiale di Legambiente non abbia nulla da recriminare in proposito. Non ho trovato alcuna posizione critica da parte della redazione dell’organo ufficiale di Legambiente cosa che mi ha molto rattristato… Va innanzitutto chiarito che il termine polveri ultrafini si riferisce a particelle con diametro inferiore a 0.1 μm (100 nm) di cui ad oggi risulta molto problematica la rilevazione anche con gli apparecchi utilizzati nello studio del Politecnico. In effetti sia la versione dello studio datata maggio 2009 sia quella datata ottobre 2010 riportano la seguente frase:
“..La concentrazione in massa è in questo caso poco significativa poiché:
– la quantità in peso dimateriale presente all’emissione è di norma trascurabile, con livelli generalmente inferiori ai limiti di rilevabilità dei protocolli di campionamento ed analisi disponibili per il particolato fine: ciò rende molto problematica la misura con precisione accettabile;
– i presunti impatti sulla salute sembrano correlarsi non tanto allamassa, che è trascurabile, quanto al numero di particelle che possono,per le loro dimensioni,penetrare in profondità nell’apparato respiratorio…”
Nella versione del maggio 2009 era però poi presente la seguente frase che è stata eliminata nella versione dell’ottobre 2010: “..Le difficoltà di campionamento conseguenti alle infime quantità del materiale presente all’emissione quale polvere ultrafine rendono particolarmente complessa ed incerta la rilevazione della composizione chimica…“
Nelle conclusioni della versione datata maggio 2009 si scriveva almeno, che “Per ciò che riguarda più specificatamente l’incenerimento di rifiuti, tale attività ha certamente un ruolo nella problematica dell’ultrafine“. Tale frase non compare pià nella versione dell’ottobre 2010.
A mio parere emerge chiaramente che la nuova versione dello studio non risulta un approfondimento della precedente ma soltanto una versione in cui si sorvola sui tre aspetti più critici relativi alle emissione di nanopolveri dagli inceneritori:
1) al momento attuale i sistemi di campionamento in uso per valutare le emissioni degli impianti di incenerimento non sono stati sviluppati e progettati per rilevare efficacemente le polveri ultrafini e quindi la campagna di analisi effettuata dal Politecnico appare viziata all’origine:
2) lo studio dimostra soltanto che, in confronto agli altri tipi di emissioni con sono state confrontate con gli inceneritori, gli inceneritori sono caratterizzati da elevate emissioni proprio nel campo dell’ultrafine cioé quello più pericoloso in assoluto;
3) un confronto dal punto di vista della concentrazione in massa (come quello riportato nelle tabelle riportate nelle conclusioni) non risulta per nulla significativo ed anche nello studio del politecnico si è dovuto ammettere che: “…L’epidemiologia del particolato sospeso, e gli attuali riferimenti normativi che ne derivano, sono tutti basati sulla presenza in atmosfera valutata in termini di concentrazione in massa che, viste le robuste relazioni tra livelli di concentrazione ed effetti sulla salute, costituisce indubbiamente un ragionevole indicatore della tossicità . Tuttavia, esiste il legittimo dubbio che la concentrazione in massa non sia il parametro adeguato per rappresentare gli effetti della componente ultrafine, che agirebbe non in proporzione alla massa, che è trascurabile, ma al numero e alla superficie specifica. In tal caso, gli effetti sulla salute non sarebbero compiutamente rappresentati dalle misure convenzionali di particolato, e di conseguenza le strategie messe in campo per la riduzione delle emissioni della componente grossolana (PM10) e fine (PM2.5) potrebbero essere inefficaci per la componente ultrafine…”
Se si vuole confrontare le varie versioni dello studio per esprimere il proprio parere in merito Vi segnalo che la prima versione del maggio 2009 la trovate nel seguente sito
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