RIFIUTI DA MASCHERINE NELLE SCUOLE, QUALI SOLUZIONI?

Pubblicato da Duilio Cangiari il

Indice generale

MASCHERINE CHIRURGICHE: PERCHà‰ SONO STATE ADOTTATE NELLE SCUOLE

E’ POSSIBILE SOSTITUIRE LE MASCHERINE USA E GETTA CON LE LAVABILI?

USO DELLE MASCHERINE LAVABILI NELLE SCUOLE: PROBLEMI GESTIONALI

POSSIBILI SOLUZIONI PER SUPERARE IL PROBLEMA DEL LAVAGGIO

IL RICICLO DELLE MASCHERINE MONOUSO: PRECISAZIONI

MASCHERINE CHIRURGICHE: PERCHà‰ SONO STATE ADOTTATE NELLE SCUOLE

Il “Protocollo d’intesa per garantire l’avvio dell’anno scolastico nel rispetto delle regole di sicurezza per il contenimento della diffusione di Covid-19 del 6 agosto scorso non ha fornito indicazioni precise sulla tipologia di mascherine che gli studenti devono utilizzare all’interno dei locali scolastici, sottintendendo, quindi, che siano utilizzabili sia le mascherine chirurgiche, sia le cosiddette mascherine di comunità , definite dai vari D.P.C.M. come “mascherine monouso o mascherine lavabili, anche auto-prodotte, in materiali multistrato idonei a fornire un’adeguata barriera e, al contempo, che garantiscano comfort e respirabilità , forma e aderenza adeguate che permettano di coprire dal mento al di sopra del naso”.

Dato che lo scopo della mascherina, a differenza dei facciali filtranti (tipo FFP2 o FFP3) è non tanto proteggere dal virus, in quanto la protezione è limitata, ma proteggere le altre persone dal droplet potenzialmente infetto di chi la sta indossando, è evidente come le mascherine chirurgiche marcate CE e quindi rispondenti alla norma EN 14683:2019 siano quelle che offrono una protezione certa. Le mascherine di comunità , potendo essere anche auto-prodotte con materiali vari, non possono garantire un equivalente standard di protezione.

Bene ha fatto il MIUR, per tutelare ulteriormente l’ambiente scolastico, dove si trovano a permanere nello stesso locale per parecchie ore numerose persone, a consegnare a tutte le scuole italiane una fornitura di mascherine chirurgiche marcate CE per tutti gli studenti e a tutto il personale da utilizzare in tutte le situazioni in cui non è possibile garantire il distanziamento.

E’ POSSIBILE SOSTITUIRE LE MASCHERINE USA E GETTA CON LE LAVABILI?

La scelta di utilizzare mascherine chirurgiche certificate usa e getta comporta, a regime, la produzione e la distribuzione di circa 11 milioni di mascherine chirurgiche al giorno alle sole scuole, che si andranno a sommare alla già  ingente quantità  di rifiuti giornalieri prodotti per affrontare quest’emergenza mondiale.

Occorre sottolineare, tuttavia, che esistono in commercio anche delle mascherine chirurgiche lavabili e riutilizzabili, anch’esse marcate CE, che rispettano i requisiti della norma EN 14683:2019 e ciò significa che sono perfettamente equivalenti, in termini di sicurezza, alle mascherine chirurgiche usa e getta. Mascherine chirurgiche lavabili certificate, quindi, non mascherine di comunità 

USO DELLE MASCHERINE LAVABILI NELLE SCUOLE: PROBLEMI GESTIONALI

È evidente come la scelta di utilizzare mascherine chirurgiche lavabili sia assolutamente preferibile, in quanto non comportano l’immane produzione di rifiuti di quelle usa e getta, tuttavia comportano una gestione non del tutto semplice e scontata.

Se fornire mascherine chirurgiche usa e getta alle famiglie ci permette di avere una relativa garanzia del fatto che vengano utilizzate, rispetto alla semplice richiesta di dotazione autonoma (cosa che avrebbe comportato dei costi non insignificanti nell’arco dell’anno scolastico), risulta evidente che anche un’eventuale scelta in merito alle mascherine chirurgiche lavabili debba essere organizzativamente equivalente.

Dovendo fare una scelta eticamente più sostenibile, ma che al contempo garantisca lo stesso livello di sicurezza, dovrà  essere sempre e comunque l’ente pubblico a fornire alle famiglie le mascherine chirurgiche lavabili certificate, dato che non si avrà  mai la certezza che tutte le famiglie, dovendolo fare autonomamente, le acquistino.

Inoltre è utile ricordare che lasciare che il lavaggio venga gestito dalle famiglie potrebbe risultare controproducente dal punto di vista sanitario, dato che non si avrebbe la garanzia della sua corretta esecuzione (mancato lavaggio, lavaggio non conforme alle istruzioni del produttore, uso di prodotti non adatti e tossici, ecc.). Anche va detto che l’attuale Protocollo per l’avvio dell’anno scolastico 2020/21 elaborato e sottoscritto dalle parti sociali, sulla base delle valutazioni del comitato tecnico scientifico, consente l’uso delle mascherine di comunità  lavabili da parte degli alunni delle scuole all’interno dei locali scolastici, con una gestione del lavaggio e dell’igienizzazione delle stesse che risulta completamente a carico delle famiglie. IL comitato tecnico scientifico ritiene quindi questo rischio accettabile.

POSSIBILI SOLUZIONI PER SUPERARE IL PROBLEMA DEL LAVAGGIO

Una soluzione potrebbe essere la gestione del lavaggio da parte dello stesso ente pubblico (le scuole). Esistono molte mascherine chirurgiche lavabili disponibili in commercio le cui istruzioni per il riutilizzo prevedono anche operazioni semplici come un lavaggio in lavatrice a 60°C o comunque altre procedure poco complesse. Operazioni, quindi, che potrebbero essere svolte direttamente dalla scuola, se dotata di lavatrici.

Precisiamo, però, che le mascherine chirurgiche lavabili certificate costano di più di quelle usa e getta e a questi costi vanno aggiunti quelli del lavaggio; tuttavia, tale scelta risparmierebbe comunque il costo collettivo della gestione dell’immane quantitativo di rifiuti generati dalle mascherine usa e getta. 

Va detto che far gestire il lavaggio delle mascherine alle scuole è, secondo noi, di difficile realizzazione: servono infatti non solo lavatrici, ma spazi dedicati a questa fase o la disponibilità  di asciugatrici e del personale dedicato e, soprattutto, protocolli sanitari specifici per l’ambito scolastico (anno scolastico già  avviato, ricordiamocelo); le scuole italiane, come tutti sappiamo, versano spesso in condizioni non soddisfacenti e adatte al servizio didattico che si fornisce , quindi affidare ad esse anche il lavaggio delle mascherine non ci sembra corretto.

Esiste anche la possibilità  di avvalersi di servizi di lavaggio esterni, come quelli adottati dal servizio sanitario nazionale per gli ospedali (Servizi Italia); ciò comporterebbe la raccolta da parte delle scuole delle mascherine usate, la distribuzione di quelle lavate, la movimentazione dei prodotti da sanificare, la presenza di centri di sanificazione in tutte le province e di punti di raccolta/stoccaggio protetti.

Le mascherine chirurgiche lavabili hanno un numero limitato di lavaggi consentito, oltre il quale il produttore non garantisce più i requisiti di cui alla EN 14683:2019. Questo può rappresentare tecnicamente un problema.

Risulterebbe importante infatti identificare il numero di lavaggi effettuati per singola mascherina ed anche in questo caso la filiera deve garantire la sicurezza e la salubrità  del sistema, al fine di ottenere la migliore protezione individuale possibile.

Infine un’altra soluzione possibile è riciclare le mascherine monouso. Esse sono fatte di materiale sintetico (fibra plastica multi materiale) e, valutando la compatibilità  dei materiali di cui è composta, ci può essere la possibilità  di poterle riciclare con un lavaggio a temperature che vanno dai 150 fino anche i 250 gradi e ri-granulazione (creazione di granuli plastici da reimmettere sul mercato). Esistono aziende che già  lo fanno per altri tessuti sintetici, come ad esempio i pannolini.

IL RICICLO DELLE MASCHERINE MONOUSO: PRECISAZIONI

Le mascherine sono realizzate in polipropilene, materiale che viene normalmente riciclato già  oggi da aziende specializzate e presenti non solo su territorio nazionale.

Diviene necessario affrontare la questione sanificazione, per garantire la salubrità  non solo del materiale rigenerato, ma anche degli addetti alla loro gestione, questo aspetto può essere risolto adottando, a monte degli impianti, un sistema di lavaggio e sanificazione con standard sanitari, il materiale immesso in un impianto di riciclo viene poi sottoposto a temperature che vanno bel oltre i 60° indicati per la sanificazione arrivando ben oltre i 100°.

Un test su impianti già  esistenti e una analisi a campione del materiale lavorato dissiperebbero ogni dubbio sulla salubrità  del materiale ottenuto, che verrebbe immesso nel circuito del materiale riciclato producendo zero rifiuti.

Questa soluzione è valida oggi come lo sarebbe anche in futuro per una eventuale quantità  residua di mascherine monouso, eventualmente non sostituite da quelle lavabili.

Impianti che trattano questi materiali hanno diverse “taglie”, si va da impianti che trattano 75Kg/h di materiale a impianti che arrivano fino a 1,2T/h di materiale.

Per la fattibilità  di questa soluzione, ci sono diverse strade, una è quella di cercare aziende che già  lavorano questo tipo di materiale e fare un accordo per la lavorazione delle mascherine, l’altro, con tempi più lunghi, è di identificare un’azienda del settore e fare realizzare un impianto specializzato allo scopo. Vi è però da considerare tutto il territorio nazionale e questo richiederebbe diversi impianti distribuiti adeguatamente in ogni regione.

Ogni scenario comporta una più dettagliata analisi delle peculiarità  e un’attenta valutazione dei costi, sta di fatto che esiste, tecnicamente, la possibilità  di gestire le mascherine monouso senza produrre rifiuti, in attesa che l’uso di quelle lavabile entrino a regime.

CONCLUSIONI

Sulla base delle valutazioni da noi esposte finora proponiamo, in accordo col Ministero della Pubblica Istruzione, di individuare, magari nella nostra Regione, delle aree in cui attivare l’uso delle mascherine chirurgiche lavabili in sostituzione di quelle usa e getta, al fine di sperimentare la fattibilità  su larga scala della proposta e quantificare la spesa complessiva. Ovviamente con il supporto del Servizio Sanitario Regionale, per garantire delle procedure di riutilizzo che siano sufficientemente sicure per gli utenti.

Analogamente si potrebbe avviare una sperimentazione che riguardi il riciclo delle mascherine usa e getta, secondo le modalità  esposte precedentemente.

Infine sottolineiamo che la quasi totalità  delle mascherine chirurgiche usa e getta vengono prodotte all’estero, più che altro in Cina, comportando uno spostamento di merci per migliaia di chilometri, mentre quelle lavabili sono per lo più prodotte in Italia e quindi questa scelta potrebbe anche incentivare l’economia locale, già  duramente provata dall’emergenza Covid-19.

 Gian Luca Baldrati, EV Ravenna

  Maria Gabriella Raso, EV Reggio Emilia

  Gianluca Sassi, EV Reggio Emilia


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