Difendiamo il Green Deal, difendiamo il futuro!

Pubblicato da Enrico Ottolini il

AVS si oppone in modo deciso all’attacco al Green Deal, oggi rilanciato in sede internazionale da Trump, Meloni e nei giorni scorsi, in un’iniziativa a Bologna, in modo grossolano e violento dal presidente della Confindustria. Per Orsini il miglioramento delle condizioni ambientali è un freno allo sviluppo o un lusso che oggi non possiamo permetterci. Si tratta una visione miope, che ignora i dati scientifici e scarica sul capro espiatorio del Green Deal la crisi di un sistema economico le cui cause vanno cercate altrove; soprattutto nel ritardo sull’innovazione. Gli standard ambientali non sono un optional dello sviluppo economico : sono la condizione stessa per avere un’economia solida, comunità sane e territori resilienti.
Basta guardare i numeri. L’Agenzia Europea per l’Ambiente calcola che l’inquinamento dell’aria provochi centinaia di migliaia di morti premature ogni anno e costi sanitari pari a circa il 2% del PIL dell’UE. Quando si parla di “costi” della transizione ecologica, bisognerebbe avere l’onestà di premettere che i costi dell’inazione sono immensamente superiori.
Il Green Deal è quindi una conquista epocale dei cittadini europea, che oggi va difesa dagli attacchi di chi vorrebbe arretrare di almeno dieci anni. È una strategia economica e sociale che tiene insieme riduzione delle emissioni, indipendenza energetica, tutela della biodiversità, economia circolare, rinnovamento urbano e giustizia sociale. il Green Deal consente a governi, imprese e territori di cambiare rotta in modo coordinato, misurabile e trasparente. Non è più una scelta politica opzionale: è un percorso tracciato che serve a garantire che l’Europa resti vivibile, competitiva e sicura.
E non è vero che queste politiche penalizzano le imprese: accade il contrario. Le aziende che oggi investono in innovazione sostenibile saranno le leader di domani. Non a caso l’UE ha introdotto strumenti come il Carbon Border Adjustment Mechanism, entrato in vigore nell’ottobre 2023, che protegge le imprese europee virtuose da concorrenza sleale di prodotti importati senza standard ambientali. È un meccanismo che difende la competitività, non che la limita.
C’è poi l’enorme tema dell’economia circolare. Secondo il Parlamento europeo, se portata avanti con decisione, essa può creare fino a 700.000 nuovi posti di lavoro entro il 2030 in Europa, riducendo la dipendenza da materie prime estere e tagliando le emissioni. Significa nuove opportunità occupazionali e filiere locali più forti, in grado di reggere meglio agli shock globali.
Infine, non possiamo dimenticare la dimensione sociale. La transizione ecologica non può essere lasciata al mercato o scaricata sulle spalle dei cittadini: proprio per questo il Green Deal prevede fondi e programmi specifici per accompagnare lavoratori e territori più esposti. Nessuno deve restare indietro. È una transizione giusta, che può ridurre le disuguaglianze e portare innovazione e lavoro anche nelle aree periferiche.


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