Ferrara, no coke a Porto Tolle

Pubblicato da segreteria il

di Massimo Montanari – ‘Terra’ quotidiano ecologista ogni giorno in edicola

ENERGIA. Gli ambientalisti contro Zaia e Romani che hanno “blindato” il progetto Enel. Tutti i rischi della riconversione.

Hanno marciato sulla spiaggia, partendo dal Lido di Volano, passando per il Lido delle Nazioni e Porto Garibaldi, al grido di “No al carbone, sì al parco” e inalberando grandi cartelli sui quali erano dipinte le lettere che andavano a comporre la scritta “NO COKE”, per informare e sensibilizzare i bagnanti sui pericoli del carbone e sul progetto di conversione della centrale. E’ questa l’immagine che si poteva cogliere in una delle ultime domeniche di agosto in provincia di Ferrara, quando il Comitato del Basso Ferrarese contro la conversione a carbone della centrale termoelettrica dell’Enel a Porto Tolle ha promosso una delle sue tante manifestazioni. Il progetto Enel per Porto Tolle è al centro di una vicenda politico-giudiziaria intricatissima: oltre all’inchiesta della Procura di Rovigo sulla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, infatti, tutto l’iter burocratico della riconversione (2,5 miliardi di euro di spesa secondo l’Enel) si è scontrato sin dall’inizio con l’impossibilità  di impiantare una centrale a carbone all’interno del Parco del Delta del Po che, secondo la legge regionale che lo ha istituito, può ospitare al massimo una centrale a metano.
 
L’intervento del presidente della Regione Veneto Luca Zaia, che ha chiesto e ottenuto la modifica della legge regionale, e quello del ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, che ha “blindato” l’impianto con un comma “ad centralem” nella finanziaria 2011, hanno però capovolto le carte in tavola cambiando le regole del gioco. «Proprio nel cuore del delta del Po ““ spiegano gli attivisti del Comitato ““ in una delle più importanti aree di interesse ambientale d’Italia e a due passi dalla nostra provincia, la trasformazione a carbone della centrale che già  in passato ci ha regalato un tragico  impatto ambientale e sanitario, non ci risparmierà . La riconversione della centrale, prevede l’immissione nell’atmosfera di 10,3 milioni di tonnellate di metri cubi di Co2 annui, senza considerare l’inquinamento generato dal trasporto. Lo vogliamo?».
 
Secondo una nota di Legambiente, infatti, gli impatti sanitari, ambientali e occupazionali che verrebbero dalla realizzazione del progetto dell’Enel costituirebbero un severo danno al territorio e all’economia di larga parte del Nord Est. Nonché, un aumento delle emissioni di gas a effetto serra superiore a 4 volte quelle dell’intera città  di Milano. Tutte le città  del Veneto sono già  oggi fuori norma sia per il PM 10 che per il PM 2,5: con questa scelta la Giunta Zaia garantisce un peggioramento della qualità  dell’aria per gran parte della Pianura Padana. Tutto questo per salvare meno di 200 posti di lavoro che potrebbero essere assorbiti da un equivalente impianto a gas naturale, ipotesi più razionale visto che accanto al sito della centrale è stato costruito il più importante terminale gasifero off-shore del paese. I rischi posti dalla conversione a carbone sono evidenti, senza contare che proprio il carbone ritarda il lancio di seria politica di investimenti sulle rinnovabili.

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