La raccolta dei rifiuti porta a porta: l’esperienza del Comune di Monte San Pietro (BO)

Pubblicato da Gabriele il

dal quotidiano ecologista Terra del 16 dicembre 2010

intervista di Gabriele Bollini a Manuela Ruggeri, ex assessore all’Ambiente del Comune di Monte San Pietro

Monte San Pietro (BO), è un comune sparso di circa 10.976 abitanti con una superficie di 74,65 km quadrati. La sede municipale si trova in località  Calderino. (fonte Wikipedia)

Un altro piccolo comune della provincia di Bologna (vedi articolo su Sasso Marconi su Terra 9 dic 2010) che attivando la raccolta domicialirizzata (porta a porta) è passato dal 26 all’80% di raccolta differenziata in pochi mesi.

Com’è stato possibile? Facile, i cittadini differenziano bene, con gesti semplici, già  a casa loro, quelli che chiamiamo rifiuti o anche beni post-consumo, insomma ciò di cui abbiamo deciso di liberarci. I cittadini espongono, cioè mettono fuori dalla loro casa, secondo un calendario, i rifiuti così separati. E gli addetti alla gestione del servizio rifiuti passano e raccolgono tutti i sacchetti o i bidoncini esposti.

L’uovo di Colombo? Eh sì, sembra proprio esserlo. Alte percentuali di raccolta differenziata, tanta materia che si può recuperare, necessità  di impianti di smaltimento ridotta veramente al minimo, costi contenuti e posti di lavoro in più. Così descritto, sembra un sistema facile, ed in effetti lo è, e tante sono le realtà  e i comuni italiani dove si pratica con successo, in tutti i generi di tipologie insediative. Certo, è molto diverso dall’attuale sistema, quello a cassonetti stradali, per intenderci. Tanti “bei cassonetti” sempre non troppo puliti, un tantino puzzolenti, di capienza in crescita continua, nei quali i cittadini possono conferire come e quando vogliono, dentro e fuori dagli stessi, qualunque tipo di rifiuto anche pericoloso, anche tossico, anche non assimilabile.

In questo modo abbiamo la separazione di rifiuti praticata al minimo, consumo insostenibile di materia, necessità  esponenziale di impianti di smaltimento e costi crescenti.

E allora, come mai non si diffonde a macchia d’olio la raccolta domicialirizzata “porta a porta”?

Perchè, chi, come la nostra multiutility, ex azienda municipalizzata, Hera s.p.a., gestisce discariche e inceneritori può, in questo modo, fare buoni guadagni, sostenuti dalla pratica del contributo pubblico. E quindi non solo non ha nessun interesse a praticare la raccolta porta a porta ma addirittura frena al volere degli amministratori virtuosi opponendosivi duramente.

Proprio il sistema dei guadagni che si ottengono dalla gestione degli impianti di incenerimento è uno dei motivi forti che impediscono ed ostacolano la diffusione estesa di un sistema di raccolta dei rifiuti virtuoso nei nostri territori.

Cioè? Puoi spiegare meglio ai nostri lettori il busillis?

Anche se mascherato da intenti di tutela, l’obiettivo dei gestori degli impianti di smaltimento rimane focalizzato sullo smaltire e sul bruciare. I medesimi soggetti sono spesso, nei fatti, contemporaneamente incaricati del servizio di raccolta e di smaltimento, e questo non aiuta.

Gli oppositori al sistema domiciliare, frequentemente impersonati dai gestori (“pubblici”)medesimi (e spesso e volentieri anche dagli ATO), invocano il basso gradimento dei cittadini e paventano l’aumento dei costi.

Ma è vero che la raccolta porta a porta costa di più?

In merito ai costi viene da chiedersi come sia possibile che in regioni limitrofe alla nostra, tale problema non si presenti, anzi, anche studi recenti confermano l’equivalenza sostanziale dei costi con prestazioni però assai difformi (Cfr. documento preliminare del Piano di Gestione dei Rifiuti della Provincia di Bologna e Valutazione statistico-economica dei modelli di gestione dei rifiuti urbani in Lombardia, Regione Lombardia).

Il porta a porta, specie se “spinto”, produce sempre risultati eccellenti, il sistema a cassonetto stradale arranca verso posizioni assai arretrate (massimo 50% di RD).

Che cosa ci puoi dire invece relativamente al gradimento dei cittadini che secondo la vox populi sembrerebbero essere contrari per il disagio che questo porta nella quotidianità ?

In merito al gradimento, è vero, in fase di avvio, i cittadini spesso esprimono perplessità  anche rilevanti. Del resto la gestione dei rifiuti è argomento che ha a che vedere con la nostra quotidianità , con quello che avviene in casa nostra. Il sistema di raccolta ci coinvolge direttamente e ogni cambiamento si intreccia con il nostro vivere quotidiano: pensate a quando viene chiesto di spostare i cassonetti perchè troppo vicini a casa o troppo lontani o brutti alla vista, o perchè ruba spazi per i parcheggi, etc..

In realtà , chi pratica la raccolta domiciliare sa che si tratta di una modalità  del tutto possibile, facile da agire, comoda da praticare, alla quale ci sia abitua nel giro di pochi giorni. Una modalità  che ci consente di “vedere” bene quanta “roba” buttiamo via. Separando ci rendiamo consapevoli che potremmo fare a meno di tutta quella carta e quella plastica che avvolgono ciò che acquistiamo; potremmo cominciare a pensare che si potrebbe organizzare in modo diverso il sistema degli imballaggi e della distribuzione. Potremmo pure renderci conto del fatto quasi tutto ciò che buttiamo è composto da materia che si può recuperare: plastica, carta, vetro, metalli e resti verdi o organico. Potremmo vedere con i nostri occhi quanto sia modesta la quantità  che non possiamo separare e che destiniamo al sacchetto dell’indifferenziato; potremmo renderci conto che tale modesta quantità  è per buona parte composta da materiale plastico; così come potremmo venire a sapere che esistono realtà  virtuose, in Italia, dove si recupera anche questa parte. Penso, ad esempio, al centro di riciclo di Vedelago, per visitare il quale abbiamo organizzato una gita per la cittadinanza. Allora potremmo chiederci per quale ragione si stia continuando a puntare sugli impianti di incenerimento? E per quale motivo non ci si orienti decisamente anche verso impianti di recupero. Domande scomode? Forse sì.

Chiudiamo l’intervista con Manuela Ruggeri -che ora non fa più l’assessore ma è rimasta “nel giro” girando per l’Italia a disposizione dei comitati che vogliono passare al porta a porta- con questa amara considerazione finale.

Se i gestori e la politica danno voce alle perplessità  in merito alla comodità  della pratica del porta a porta mi domando chi dia voce, chi ascolti, chi tenga in considerazione le perplessità , anche dure e decise, dei tantissimi medici per l’ambiente e dei bravissimi comitati di cittadini preoccupati, giustamente, per la salute di tutti e critici verso un modello di sviluppo orientato più all’interesse particolare piuttosto che al bene comune.


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